Chi si è informato sulle tecniche diagnostiche per il COVID-19 si è imbattuto nell’acronimo PCR. Questa metodica, la Polymerase Chain Reaction, permette di amplificare sequenze di materiale genetico, tra cui anche l’RNA dei Coronavirus, rendendole molto più visibili ed utilizzabili. Quando questa tecnica è nata, più di 30 anni fa, i ricercatori dovevano manualmente spostare il campione tra tre vaschette di acqua mantenuta alla temperatura di lavoro e tra un ciclo e l’altro (per 20-30 volte) aggiungere alcuni reagenti. Oggi, una macchina può effettuare i cicli termici su cui si fonda la PCR in pochi secondi, scaldando e raffreddando un blocco di metallo. Ma se sono cambiati i metodi, perché non dovrebbe essere cambiato anche il modo in cui si fa scienza? Stefano Ossicini, professore ordinario di fisica sperimentale all’Università di Modena e Reggio Emilia, ha sottolineato che nella moderna ricerca scientifica è cambiato il sistema che ruota attorno alla scienza, fatto di contratti, pubblicazioni, fondi. E che questo sistema è molto più incline alle truffe e alle cattive condotte.

La scienza moderna è innanzitutto cambiata perché le competenze si sono frammentate in esperti di diversi settori che devono collaborare in gruppo. In questo contesto, Stefano Ossicini ha ricordato il valore del coordinatore, fondamentale per evitare che all’interno di questo gruppo anche numeroso ci siano truffatori che preferiscano una via più semplice rispetto a una serie di difficoltosi esperimenti.

I risultati degli esperimenti sono quindi pubblicati su riviste scientifiche per ottenere visibilità e diffondere conoscenza. Attualmente le riviste scientifiche sono disponibili solo online e per questo possono accettare un numero di articoli molto maggiore rispetto a quando la rivista veniva stampata; si parla di addirittura 4 milioni di articoli pubblicati globalmente in un anno. Rispetto a una ventina di anni fa, esiste un numero molto maggiore di riviste che pubblicano articoli scientifici spesso con criteri dubbi di valutazione. Un gruppo di ricercatori del Massachussetts Institute of Technology (MIT) ha sviluppato un software che, dati alcuni elementi di base sull’argomento, genera un articolo che utilizza il linguaggio di un articolo scientifico. Il software ha prodotto 130 articoli scientifici con dati fasulli, e tutti i 130 articoli sono stati accettati per la pubblicazione da almeno una rivista.

Il numero di pubblicazioni di un ricercatore è diventato il parametro fondamentale attraverso il quale è valutato. Anche in Italia l’accesso alla carriera accademica è subordinato al numero di articoli pubblicati, senza un indice che ne valuti la qualità. Inoltre, il rinnovo del contratto, quasi sempre a tempo determinato, dipende dai risultati pubblicati e questo è sicuramente un incentivo a truffare.

Attraverso i software, è diventato semplice manipolare immagini e grafici. Attraverso altri software, le riviste scientifiche devono individuare queste truffe. Si è scoperto così che moltissimi articoli erano stati manomessi, anche se per lo più per esaltare il dato ottenuto; nel 3-4 % dei casi, però, sono emerse vere e proprie frodi con dati inventati. D’altra parte, se i ladri diventano sofisticati, allora le guardie devono essere ancora più sofisticate per essere un passo avanti.

La scienza moderna non è più disinteressata. Barbara McClintock, premio Nobel per la medicina nel 1983 per la scoperta dei trasposoni (porzioni di DNA in grado di spostarsi all’interno dei cromosomi), veniva descritta dai suoi collaboratori come una bambina che non vedeva l’ora di arrivare al lavoro per soddisfare la sua curiosità. Oggi la scienza è commissionata da istituti e aziende per la produzione di un risultato, con gli interessi economici a motore della ricerca. Gli scienziati sono sempre più spesso anche imprenditori, e in quanto tali devono imporre la segretezza e il brevetto sui loro risultati. C’è stato un progressivo spostamento da una scienza collaborativa a una scienza competitiva.

È importante conoscere come funziona la ricerca moderna perché la nostra vita è permeata di scienza: i farmaci che allungano la nostra vita sono scienza; i macchinari che semplificano il nostro lavoro sono scienza; i telefoni che ci mettono in contatto l’uno con l’altro sono scienza. È questo il messaggio finale che Stefano Ossicini ha voluto lanciare: le truffe restano tali, i risultati importanti saranno replicati da altri ricercatori e alla fine ciò che funziona, la “verità”, trionfa. La scienza dovrebbe essere libera di indagare, scoprire e produrre idee perché bisogna ricordare che se due persone si scambiano un euro, entrambe rimangono con un euro, se due persone si scambiano un’idea, entrambe tornano a casa con due idee.

I pinocchi nella scienza: storie di truffe e cattive condotte nella moderna ricerca scientifica