La scrittura, oltre ad essere lo strumento che utilizzo per trasmettervi interessanti informazioni scientifiche, ci ha permesso di imparare ciò che uomini vissuti prima di noi hanno visto e fatto. Grazie alle nuove biotecnologie, abbiamo ora a disposizione un altro tipo di alfabeto, basato su quattro lettere, che ci permette di studiare eventi accaduti prima dell’avvento della scrittura: grazie al DNA possiamo ricostruire le migrazioni e le patologie dei nostri antenati. Donata Luiselli, intervenuta al Caffè Scienza di martedì 6 dicembre, è un’antropologa molecolare che studia il DNA antico proprio per ricostruire le migrazioni umane e per capire come le antiche patologie influiscano sul presente.

Homo sapiens ha avuto origine in Africa 300’000 anni fa; è arrivato in Europa, dove ha incontrato e si è incrociato con l’uomo di Neanderthal, solo 45’000 anni fa, quando era ancora cacciatore-raccoglitore. Due importanti ondate migratorie sono state quella degli agricoltori provenienti dalla Mezzaluna Fertile, avvenuta 6’000 anni fa, e quella dei pastori dalle steppe asiatiche di poco più recente. L’Italia, situata proprio al centro del Mediterraneo, ha subito una variegata colonizzazione che ha lasciato tracce nei nostri genomi.

I dati analizzati dalla professoressa Luiselli hanno mostrato come l’Italia abbia una struttura genetica che la differenzia molto dagli altri paesi europei e che, inoltre, differenzia molto tra loro Sardegna, nord e sud Italia. Queste osservazioni sono state confermate sia dai marcatori uniparentali (DNA mitocondriale per la linea femminile e cromosoma Y per la linea maschile) sia da genomi completi, condotti su soggetti contemporanei scelti per essere rappresentativi del luogo. È infatti molto importante per questo tipo di studio la campionatura: i ricercatori si sono basati sulla localizzazione dei cognomi e sulla regola per cui il soggetto analizzato debba possedere i genitori e i quattro nonni appartenenti alla medesima provincia. Queste differenze genetiche presenti in Italia sono legate a una storia demografica diversa, con invasioni dal Medioriente nel sud Italia e dall’Europa centrale per il nord Italia; la Sardegna invece è rimasta isolata e ciò ha accentuato le frequenze di specifiche varianti.

D’altra parte, anche se ciò che osserviamo attualmente dipende certamente dal patrimonio genetico antico, è importante anche la storia della popolazione locale, in particolare il fenomeno dell’isolamento. Popolazioni come i Calabrian greeks e gli Arbereshe hanno un comportamento genetico lontano dagli italiani geograficamente vicini ma più simile alle popolazioni di provenienza.

È necessario quindi anche lo studio del DNA antico, sebbene sia difficile a causa di problemi di conservazione e contaminazione. Ad esempio, grazie all’estrazione di DNA dalla radice del dente di un ritrovamento effettuato in sud Italia, è stato possibile capire che questo individuo di 6’000 anni fa aveva una similarità intermedia tra gli individui attuali del sud Italia e quelli della Sardegna, regione in cui le ascendenze neolitiche sono state mantenute meglio a causa dell’isolamento.

I nostri genomi però non contengono soltanto informazioni per ricostruire la demografia: vi si possono anche leggere le storie di adattamento. Un esempio interessante è la digeribilità del lattosio: nella popolazione di pastori la possibilità di mantenere l’enzima lattasi anche nella vita adulta è stata selezionata favorevolmente perché il latte è fonte di vitamina D e quindi preventivo per il rachitismo in regioni poco esposte alla luce solare. Nelle diverse regioni d’Italia, poi, ci sono state pressioni selettive diverse perché il clima ha causato patogeni e diete diverse. Nel nord Italia sono stati selezionati geni per la modulazione del metabolismo dei lipidi, vista la dieta ricca in grassi in un clima rigido; questo ha portato attualmente a un ridotto rischio cardiovascolare al nord rispetto al sud Italia. Nel sud Italia la pressione selettiva è stata quella infettiva e per questo è stato sviluppato un migliore sistema immunitario, tra cui una mutazione genetica protettiva per la lebbra; con i nuovi stimoli immunitari attuali, però, questo può predisporre a malattie autoimmuni.

Tutta la storia evolutiva è importante, sia la più antica sia la più moderna. In quest’ottica bisogna portare avanti l’approccio della medicina evoluzionistica e quindi concepire la malattia come maladattamento a uno specifico ambiente. Noi viviamo in un ambiente in cui sono state cambiate tutte le variabili rispetto a quando la selezione ha agito sul genoma: antibiotici, igiene, dieta. La comprensione quindi deve passare attraverso il nostro genoma. “Nelle nostre cellule – scrive A. Rutherford – portiamo un poema epico. Si tratta di una saga senza paragoni, unica, che si espande tortuosa e senza fine.”

Storia e struttura genetica dell’Italia