Il pensiero, storicamente considerato come qualcosa di immateriale, oggi viene descritto dalle neuroscienze con una prospettiva diversa. Il pensiero non è più considerato come un qualcosa di esclusivamente astratto, ma piuttosto un oggetto materiale che può essere misurato. Questo ha condotto ad un interessante confronto durante la seconda serata di Caffè Scienza, dove il Professor Michele Giuliano ha illustrato uno degli aspetti più affascinanti delle ricerche su cellule e circuiti nervosi: la possibilità di misurare il pensiero. Anche se può sembrare inizialmente distante dagli aspetti cognitivi, dal punto di vista meccanicistico non è proprio così.

Michele Giuliano è professore Associato presso il dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze, dell’università di Modena e Reggio Emilia, ha una formazione multidisciplinare: laureato in Ingegneria Elettronica a Genova, ha poi concluso il dottorato di ricerca in Bioingegneria presso il Politecnico di Milano e, lavorando sempre su questo tema, si è trasferito prima in Belgio spostando poi il suo laboratorio e le sue ricerche presso il nostro ateneo.

Nell’ ‘800, rispondere per la prima volta alla domanda “quanto va veloce il pensiero?” ha dato origine allo studio del funzionamento del sistema nervoso: la Neurofisiologia. La storia del pensiero inizia con Johannes Peter Müller, fisiologo, anatomista e vitalista tedesco, che definiva i fenomeni mentali come istantanei e non osservabili. Müller, era convinto che la velocità del pensiero fosse indefinita, al di fuori dei fenomeni fisici soggetti a misurazione scientifica. Hermann von Helmholtz, professore di anatomia, fisiologia e fisica, studente di Müller ma non vitalista, credeva invece che il pensiero avesse una velocità finita, giunse alla conclusione che i fenomeni mentali non sono istantanei. Ispirato da articoli scientifici sulla balistica, notò che era possibile misurare la velocità di una pallottola uscita dalla canna di un fucile, usando un semplice circuito elettrico composto da una batteria e una lancetta. Il fisico Luigi Galvani, poco dopo, scoprì che i fenomeni elettrici caratterizzavano anche i processi biologici: creò infatti un sistema basato su un circuito elettrico grazie al quale, collegando diversi punti del nervo e il muscolo della zampa di una rana morta, era possibile avere una contrazione legata a un qualche fenomeno elettrico. Nel 1850 descrisse le sue osservazioni: c’era un intervallo di tempo misurabile tra il momento in cui la corrente elettrica raggiungeva la zampa della rana e la propagazione fino ai nervi, 30-40 metri al secondo, un tempo molto breve. Helmholtz ripropose uno studio simile anche sull’uomo con un esperimento definito oggi di psicofisica, in cui una leggera scossa elettrica veniva data alla mano di un soggetto, il quale doveva alzare l’altra mano non appena percepiva lo stimolo. Helmholtz ipotizzò che, il tempo trascorso tra la scossa e il movimento, fosse composto da tre fasi: la trasmissione dell’informazione dal punto di stimolo al sistema nervoso, il riconoscimento dello stimolo da parte del soggetto e infine il tempo necessario per eseguire l’azione volontaria, ossia la contrazione muscolare. Il risultato ottenuto fu di 64 metri al secondo, un valore non molto superiore a quello riscontrato negli esperimenti sulla rana.

Gli studi condotti dal gruppo di ricerca del Professor Giuliano si basano proprio sul tempo di elaborazione dello stimolo, del pensiero: le reti nervose create dalle cellule piramidali presenti nella corteccia cerebrale possono essere paragonate a circuiti elettrici, ma di natura biologica. Misurare l’elaborazione dell’informazione in questi circuiti può aiutare a comprendere la velocità del pensiero. Attraverso tecniche di elettrofisiologia, simili a quelle usate nella fertilizzazione in vitro, è possibile inserire una pipetta di vetro nelle cellule per misurare la differenza di potenziale elettrico tra l’interno e l’esterno della cellula. Utilizzando strumenti ingegneristici, è possibile poi registrare impulsi elettrici a tempi precisi, che sembrano indicare la presenza di un codice che codifica l’informazione nel tempo. Il nostro cervello non è dotato di codice neuronale, non è quindi banale vedere qual è la velocità di elaborazione delle informazioni.  Il modo per farlo è suggerito dal noto fisico e matematico Jean Baptiste Fourier, che dimostrò che, dato un segnale qualunque, come l’insieme di impulsi nervosi semplici, questo si può scomporre in una continuazione di piccole onde sinusoidali. Osservando la risposta in termini di attenuazione o sfasamento, si può immaginare che il circuito neuronale si comporti come un filtro elettrico o come un qualsiasi sistema fisico con inerzia meccanica, elettrica, chimica o termica, tutto non agisce quindi istantaneamente. Il gruppo del Professor Giuliano ha quindi paragonando il circuito nervoso a un equalizzatore grafico in cui diverse frequenze, alte o basse, vengono filtrate in modi differenti. Le loro ricerche hanno dimostrato che nei circuiti nervosi di un roditore, a frequenze basse, 10 cicli al secondo, non si osservano oscillazioni lente e quindi propagazione di informazione, ma quando la frequenza aumenta a 100 cicli al secondo, il circuito nervoso riesce a propagare l’informazione dall’ingresso all’uscita. Tuttavia, a frequenze superiori a 300 cicli al secondo, i sistemi fisici o biologici non riescono più a elaborare l’informazione così velocemente. Nel caso del ratto, più lo stimolo è lento o rapido, più viene attenuato. Questo indica che esiste una “larghezza di banda” che limita la velocità con cui un sistema può reagire a un input. Il gruppo del Professor Giuliano ha studiato le proprietà elettriche anche su tessuto umano, dimostrando che un l’uomo ha una larghezza di banda superiore a 1000 cicli al secondo, oltre i limiti misurabili dagli strumenti elettronici, quindi con una capacità di elaborazione molto più efficiente rispetto al roditore.

Il pensiero, un tempo considerato un fenomeno immateriale, può oggi essere compreso attraverso la misurazione delle proprietà elettriche dei circuiti nervosi, e ricerche come quelle del Professor Giuliano, potrebbero far luce su nuove possibilità per comprendere meglio i processi e la velocità con cui le informazioni vengono elaborate dal nostro cervello.

Quanto va veloce il pensiero